Borromeo nacque dal conte Giberto e dalla contessa Ginevra nel 1538 nella rocca della famiglia Borromeo sul Lago Maggiore. Fu tonsurato all’età di 12 anni, secondo le usanze della famiglia nobiliare. Pavia fu la sua alma mater, e in seguito fu inviato a Roma per essere nominato cardinale all’età di 22 anni.
Fondò a Roma l’accademia “Notti Vaticane”, istituendo l’usanza dell’epoca. Da giovane vescovo, fu consacrato e inviato a Milano, dove prestò servizio come Sant’Ambrogio. Fondò seminari, costruì ospedali e si occupò dell’educazione dei sacerdoti e del benessere del popolo.
Visitò ogni angolo della vasta diocesi, provvedendo alle necessità della sua congregazione fondando seminari e istituendo ospedali. Utilizzò le ricchezze della sua famiglia per aiutare i poveri. Impose l’ordine alla struttura ecclesiastica, difendendola dalle interferenze locali. A causa del suo lavoro fu oggetto di un attentato.
Assistette personalmente i malati durante la peste del 1576. Sostenne istituti e fondazioni e si impegnò a fondo nel suo ministero episcopale, guidato dal motto “Humilitas”. Morì all’età di 46 anni, consumato dalla malattia, il 3 novembre 1584.
Dispensatore di forza e di umiltà, ebbe riconosciuto dopo la morte le sue opere e le sue frasi celebri sono ancora oggi un ricordo di umiltà e devozione, infatti si santi si attribuiscono spesso delle frasi celebri, e San Carlo Borromeo non fa eccezione.
Celebre la sua “È proprio di un animo debole ed infermo il chiamarsi offeso dalle ingiurie o da parole, giacché i cani robusti e forti camminano con sicurezza in mezzo ai latrati dei cagnolini” frase che ancora oggi riecheggia quando viene nominato e celebrato.
La sua opera è sopravvissuta alle ingiurie del tempo grazie alla sua alta qualità e alla sua importanza storica. Fu una delle figure più significative della storia milanese del Cinquecento. Nacque ad Arona, sul Lago Maggiore, nel 1538, da una famiglia importante e ricca. Suo padre, Gilberto, era noto per la sua devozione religiosa e la sua generosità verso i poveri. Anche Margherita, la madre di Carlo, era devota, ma morì quando Carlo aveva solamente nove anni. L’educazione di Carlo risentì molto dell’influenza dei genitori. A causa della sua età, aveva già formulato alcune idee. La sua investitura era una somma di denaro considerevole; il giovane corse subito dal padre per rivelargli la sua decisione di utilizzare il denaro per scopi caritatevoli.
All’età di 14 anni si recò prima a Pavia e poi a Milano per studiare, portando con sé solo una piccola somma di denaro. Anche se la sua condizione economica era relativamente modesta (rispetto al suo rango), non era preoccupato. Oltre ad avere un’intelligenza eccezionale, un carattere tenace e riflessivo, si interessava all’essenziale, evitando molte esperienze superficiali e banali, cosa non rara per quell’epoca. Nel 1559, a soli 21 anni, si laureò come medico “juris utriusque”. Alla fine del 1559, mentre si trovava a Roma, fu eletto un nuovo papa, Gianangelo de’ Medici. Questo evento segnò una svolta nella sua vita. Il Papa stesso gli chiese di venire a Roma per questo motivo era accompagnato dal fratello Federico.
Il legame con Rovato
Lo stretto legame con Rovato risale al 1580, quando l’arcivescovo di Milano durante una visita pastorale nell’Ovest Bresciano, promosse Rovato come quartier generale, fu nel santuario della Madonna di Santo Stefano dove il futuro santo concesse l’abito ecclesiastico al cugino Federico.
Carriera ecclesiastica a Roma
Il caso di Pio IV fornisce un raro esempio di assistenza nepotistica alla Chiesa. Papa Pio elevò immediatamente i suoi due nipoti, Federico (1561) e Carlo (non ancora ventiduenne), rispettivamente a cardinale e a segretario di Stato. Successivamente gli affidò l’amministrazione della diocesi di Milano, pur dovendo rimanere a Roma. Ebbe anche diversi altri incarichi. Gli storici affermano che il Papa e suo nipote collaborarono in modo impeccabile. Nonostante le sue diverse occupazioni, Carlo rimase un uomo di cultura. Creò le Notti Vaticane, una società umanistico-letteraria che comprendeva i suoi amici. Si procurò anche un palazzo sontuoso, con tanto di servitù, dove dava feste sfarzose ed esuberanti.
La morte in giovane età
Il lavoro pastorale, i frequenti spostamenti e la costante penitenza si ripercuotono sulla sua salute e muore molto presto, il 3 novembre 1584. Paolo V lo canonizzò nel 1610. Nonostante la sua scomparsa fisica, l’eredità della santità personale e dell’instancabile impegno per la Chiesa di Borromeo era più viva che mai, e da allora è continuata. Fino ad oggi, in effetti.