Matrimoni “bianchi” e violazione dei doveri nascenti dal vincolo coniugale – Addebito della separazione
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 6 Novembre 2012 n. 19112
A cura dell’Avv. Michela Pinelli
L’art. 143 cod. civ. sancisce i diritti e doveri reciproci dei coniugi.
Il 2° comma di tale articolo prevede infatti che “dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione”.
Tra gli obblighi di assistenza morale vi rientra il dovere del coniuge di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con l’altro coniuge, e il rifiuto, ingiustificato e persistente di tali rapporti può provocare l’addebito della separazione quando è la causa dell’intollerabilità della convivenza e della crisi coniugale.
Secondo la Suprema Corte di Cassazione (Cass. 6.11.2012 n. 19112, nonché Cass. 6276/2005) il persistente rifiuto di intrattenere rapporti affettivi e sessuali con il coniuge – poiché, provocando oggettivamente frustrazione e disagio e, non di rado, irreversibili danni sul piano dell’equilibrio psicofisico, costituisce gravissima offesa alla dignità e alla personalità del partner – configura e integra violazione dell’inderogabile dovere di assistenza morale sancito dall’art. 143 c.c., che ricomprende tutti gli aspetti di sostegno nei quali si estrinseca il concetto di comunione coniugale. Tale volontario comportamento sfugge, pertanto, ad ogni giudizio di comparazione, non potendo in alcun modo essere giustificato come reazione o ritorsione nei confronti del partner e legittima pienamente l’addebitamento della separazione in quanto rende impossibile al coniuge il soddisfacimento delle proprie esigenze affettive e sessuali e impedisce l’esplicarsi della comunione di vita nel suo profondo significato”.
Per la pronuncia di addebito della separazione dovrà sussistere un nesso eziologico tra il rifiuto di rapporti sessuali e la crisi della vita matrimoniale.
Ai fini dell’addebito il rifiuto dovrà essere ingiustificato (non dovrà, ad esempio, essere provocato da malattie del coniuge), mentre, secondo l’orientamento sopra citato, tale astensione non potrà essere “scusata” quando utilizzata quale mezzo di ritorsione o punizione nei confronti del coniuge per comportamenti posti in essere da quest’ultimo.
Infine, secondo la Suprema Corte di Cassazione (ordinanza 05.02.2014 n. 2539) l’infedeltà e l’allontanamento dalla residenza coniugale non sono causa di addebito della separazione quando non hanno provocato la crisi coniugale ma sono la conseguenza dell’assenza – ingiustificata e persistente – di rapporti intimi, in violazione dell’art. 143 c.c.