Nato a Rovato nel 1878 (qui morirà nel 1957). Gerolamo Calca termina la sua formazione artistica alla fine dell’Ottocento, poco prima cioè che in Europa cominciassero a farsi sentire forti inquietudini sociali e politiche .In Italia ben presto le arti visive, ma anche la letteratura, saranno investite dalla bufera futurista, che proprio a Milano comincerà a soffiare, mentre da Dresda e da Parigi giungeranno gli echi di “Die Bruche” e del “Cubismo”. E questo per citare solo alcuni dei movimenti d’avanguardia, che per oltre un ventennio (superandosi continuamente gli uni con gli altri) detteranno nuove regole e nuove estetiche, spesso rivoluzionarie. Ma nel momento in cui Calca inizia la sua carriera di pittore si è ancora nel pieno di “ritorni” scapigliati, mentre liberty e decò (dopo l’esposizione di Torino del 1902) lasceranno per oltre un trentennio un segno importante nella società e nel gusto del tempo. Tarda scapigliatura e liberty si avvertono nella pittura di Calca, mediata e trasmessa dall’insegnamento di Tallone, (Tranquillo Cremona era morto nel 1878) ed emergeranno ancora a lungo in tanta sua pittura di genere e ritrattistica. Anche certi influssi del primo Boccioni e di Segantini (che lui conobbe in una gita sulle alpi) sono avvertibili in più di un dipinto. Un numero sufficiente di opere testimonia quale fu la sua scelta estetica e come, pur avvertendo segni di mutamento, scelse di continuare un suo percorso in ambito naturalistico, ma spesso acceso da cromatismi inattesi, soffusi in una morbida pittura vibrante luce. Tra queste emerge un certo numero di opere, caratterizzate da un “non finito” che è però cifra e scelta operativa precisa, quasi ad indicare “l’inutilità” di un gesto pittorico banalmente ed irrimediabilmente concluso, fuorviante quindi rispetto ad un nucleo pittorico principale ed essenziale. A ben vedere in tutto il percorso pittorico di Calca, si può cogliere un pacato distacco ed una serena accettazione del trascorrere del tempo e delle cose. Il ritorno a Rovato, dopo gli anni dell’accademia, fu il ritorno in una sorta di Arcadia domestica, dove ogni figura a lui più o meno vicina ogni animale, anche il più umile, ed ogni cosa poteva essere stimolo per fare pittura, senza inutili abbellimenti, senza presunzioni o smanie carrieristiche: solo con molto amore e poesia.