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Bellezza
Cura
Importanza
La chiesa dell’Assunta è sorta alla fine del 1500 su disegno dell’architetto Giulio Todeschini, sul luogo già occupato dalla precedente costruzione trecentesca dedicata a S. Maria. Fu edificata grazie all’opera di rinnovamento intrapresa da S. Carlo Borromeo, che a Rovato soggiornò a lungo durante le visite alle varie parrocchie della Franciacorta. Già da oltre un secolo (1479) le spettava la dignità di collegiata insigne, confermatale fino alla fine del 1600.
Il restauro neoclassico di Rodolfo nella metà del 1800 ha lasciato il segno nella decorazione dell’interno e nel profilo dell’abside.Tra le opere d’arte: i dipinti di Palma, il Giovane, Antonio Paglia, Giovan Battista Pittoni, Angelo Inganni e del Guadagnini, oltre ad un Cristo ligneo d’Andrea Fantoni. Funge da campanile una vicina torre del 1500. All’esterno si possono ancora rilevare i nitidi e massicci volumi tardo rinascimentali disegnati dall’architetto Todeschini.
La facciata mostra un massiccio portale ligneo inserito in un raffinato stipite in pietra di Sarnico, arricchito da un protiro ispirato al lavoro artistico del Bramante.
I fianchi, ritmati dai volumi sporgenti delle cappelle, possono vantare l’intonaco originale a calce, il quale mostra tracce di una decorazione ad affresco che un tempo copriva l’intera superficie e che simulava un partito architettonico in cui s’inserivano perfettamente le finestre originali rettangolari.
L’interno dell’Assunta, nonostante gli interventi ottocenteschi, possiede tuttora questi antichi elementi planimetrici ed estetici. A metà ottocento l’illustre architetto Vantini, che per Rovato aveva già progettato la piazza, fu convocato dal prevosto, don Carlo Angelini, per studiare una massiccia opera di restauro. I lavori, che adattarono l’edificio ai gusti di quel tempo, interessarono: l’apertura di nuove finestre semicircolari al posto di quelle rettangolari, la costruzione di vestiboli alle porte laterali, la decorazione della cappella del SS.mo Sacramento e l’ampliamento del presbiterio.
Oratorio della disciplina
L’oratorio di S. Giorgio, chiamato più tardi e familiarmente Disciplina, è un’antica chiesa che, orientata canonicamente, occupa lo spazio fra le mura e la torre. Il fatto che la quota del pavimento è inferiore di alcuni metri al piano stradale esterno si spiega con la grande vetustà dell’edificio, che, anteriore alle ripetute demolizioni e ricostruzioni del nucleo urbano, si è trovato ad essere progressivamente interrato dai detriti accumulati.
L’interno è costituito da una lunga aula e dal presbiterio. La prima parte dell’aula ha perduto le volte, sostituite da un soffitto piano, mentre la seconda è coperta da tre crociere ribassate; un massiccio arco raccorda fra loro queste due parti, mentre la pavimentazione è costituita da tavelle in cotto, disposte a spina di pesce, in buono stato di conservazione. Nella prima parte, lungo la parete meridionale, sotto 5-6 cm di intonaco, emersero negli anni settanta alcune rarissime sinopie. Vennero scoperte dal sacrestano Valentino Buffoli e da Silvio Meisso, allora studente dell’Accademia Carrara di Bergamo. La datazione precisa è alquanto ardua. A tal riguardo vi è da dire che la qualità di alcuni particolari, come il volto di Cristo, per l’ottima esecuzione tecnica e per la resa estetica, indussero a pensare che la loro realizzazione risalisse al Quattrocento, ma oggi, dopo un esame più approfondito che ha tenuto conto delle sovrapposizioni, delle giunture e della stratigrafia degli intonaci, si sarebbe indotti a pensare con un buon margine di certezza che esse risalgano a un periodo non posteriore al Trecento.
E’ un peccato che il piccone o lo scalpello abbia reso poco leggibili queste belle scene della Via Crucis, delle quali comunque possiamo ancora apprezzare il notevole valore artistico oltre che storico.
Le sinotipie erano disegni in ocra rossa su sfondo a calce (arriccio), e costituivano, come è noto, una prima fase preparatoria dell’affresco; sull’arriccio veniva poi steso un secondo strato di intonaco, quello definitivo, ed è proprio per questo, per trattenere meglio il nuovo intonaco, che avolte l’arriccio veniva picconato, con grave danno, non per il pittore di allora, ma per noi oggi che vorremmo ammirare il disegno nella sua integrità.
Il Consorzio
Proseguendo su per questa scala si sale al Consorzio, oggi costituito da un salone a pianta rettangolare che poggia esattamente sulle volte a crociera della chiesa della Disciplina.
Accanto abbiamo le abitazioni del sacrestano, in passato destinate anche ad accogliere il predicatore, alcuni locali rustici a doppia altezza usati come magazzino, e più oltre, percorso un breve corridoio che porta alla casa del parroco, troviamo due salette che, edificate su un’area occupata untempo da un piccolo orto, accolgno gli uffici parrocchiali e l’archivio.
Il salone, che è la parte più interesante dell’edificio, è illuminato da due finestre che si aprono sul tetto del presbiterio della Disciplina, e comunica con l’esterno attraverso numerose porte: tre di queste (una che dà nella piazzetta a mezzodì della chiesa e due uguali che danno verso la casa del sacrestano) sono più grandi delle altre, e sormontate da un pannello sovrapporta in legno, quadrato, con decorazione pittorica di fiori coeva a tutto il resto del salone, sintetizzano nei loro moduli stilistici una vocazione al’altezza che ricorre nell’architettura rovatese.
Vi sono inoltre due porte a raso più piccole che danno rispettivamente nell’ex magazzino del grano e sulle scale che portano alla sacrestia dell’Assunta da cui siamo entrati. La sesta infine dà nell’atrio davanti all’archivio.
Altare di S. Carlo
L’altare di S. Carlo, costruito secondo forme molto armoniose, è caraterizzato da un piacevole cromatismo ottenuto con l’impiego di breccia rosata e di marmo nero del Belgio, oltre che di giallo di S. Ambrogio nella predella. Fra due colonne corinzie poggiati su lati plinti, una soasa, anch’essa in marmo nero, con la bella pala di Palma il Giovane, rappresentante la SS. Trinità con S. Carlo Borromeo e S. Bernardino da Siena. Il coronamento dell’altare, definito da un timpano curvo spezzato che reca al centro un grande stemma, sottolinea l’andamento della volta a botte della cappella, mentre la mensa, ben si colloca fra i due plinti delle colonne. Il paliotto è costituito da due pregevoli urne con pannellature rosse, in cui sono custodite le ossa dei compatrioti di Rovato, i SS. Prospero e Defendente. Al centro della composizione, il tempietto del tabernacolo, che contiene le reliquie di S. Carlo, riprende in scala ridotta le forme dell’altare. La cappella fu rivestita di pitture monocrome, ultimo lavoro di Guadagnini e Castellini, che vi attesero insieme alla fine dell’ottobre 1855. Questo intervento conclusivo comprende anche due interessanti affreschi del Guadagnini, incorniciati, che illustrano due episodi della vita del santo: S. Carlo in processione di penitenza per le vie di Milano durante la peste, sul lato sinistro, e S. Carlo comunica un’appestata sul lato destro, e furono eseguiti come voto dopo il colera del 1855. Si rileva qui la tendenza ad una concezione storicista secentesca di importazione milanese, ma con evidenti allusioni ottocentesche, come nei personaggi che compaiono alle spalle del santo. Poco al di sotto, due teche murate, che riprendono lo stile e i materiali del paliotto, accolgno alcune reliquie che vengono esposte in solenni ricorrenze.
Altare e cappella del SS.mo Rosario
Va collocata al primo posto tra le opere bresciane conosciute dello scultore Giuseppe Bulgarini, ancor prima delle fatiche valtellinesi degli anni 1608-1617. Il sontuoso altare del SS.mo Rosario, costruito interamente in legno ad eccezione della predella e della mensa, offre una ricchezza tale da non far rimpiangere la lucentezza del amrmo. Il fine intaglio di gran parte delle sue superfici addobba un apparato architettonico imponente. La mensa è posta tra i basamenti decorati a finto marmo di due alte colonne intorno alle quali si arrampicano dei viticci. Sulle colonne poggia una maestosa trabeazione timpanata che accoglie al centro un Padre Eterno benedicente, mentre sulla cimasa sono collocate cinque statue lignee di angeli che sorreggono altrettante formelle rappresentanti i Misteri Dolorosi del Rosario. La tela rappresenta la Vergine Maria tra un volo di angeli che offrono mazzi di rose, mentre il Padre Eterno guarda dall’alto. Gesù bambino offre le rose a S. Domenico, l’iniziatore del Rosario, mentre gli angeli porgono le rose al gruppo di persone in contemplazione, e tra queste, terzultimo a destra, con volto rivolto di fronte a barba bianca, è l’autore della tela, che ha voluto lasciare il suo autoritratto.
La storia di questo altare non è del tutto chiara. In effetti vi sono delle incongruenze. Tutta la struttura risulta compressa nella piccola cappella e il coronamento dei angeli è posto eccessivamente in alto, tanto da essere poco visibile. E’ stato osservato inoltre, che dietro le colonne, vi sono lesene riccamente intagliate la cui posizione appare invertita, così da renderle poco visibili; inoltre le lacche e le dorature, si differenziano leggermente come se fossero di mani diverse. In sostanza non pochi elementi fanno pensare a un successivo adattamento di tutto il palinsesto dell’altare, perchè destinato a una diversa dedicazione. La sommità della cappella, durante i recenti restauri, ha rivelato l’esistenza di una elegante ed ariosa decorazione secentesca ad affresco, fino ad ora sconosciuta perchè occultata nel secolo scorso, comprendente una loggia colonnata con festoni e angeli in volo. Si presume l’esistenza di una figura al centro di questa composizione, forse una Madonna, ora persa per l’apertura di un lucernario.
Altare e cappella della Visitazione
Composizione architettonica gradevole, ottenuta attraveso l’impiego del marmo di Carrara bianco e della breccia alpina verde. Rialzato su una predella in giallo di S. Ambrogio, presenta colonne, pannelli e specchiature costituiti da listelli di breccia verde accostati fra loro, saldati con applicazioni di pasta bianca e successivamente lucidati per ottenere un effetto di monoliticità; mentre le quadrature in marmo di Carrara sono ritagli applicati che vanno a celare una struttura sottostante. Ma questi stratagemmi di ripiego economico contrastano con la sontuosità della composizione che è caratterizzata dallo sdoppiamento tipico del Seicento: due coppie di colonne corinzie, con basamento spanciato, un doppio coronamento timpanato (uno lineare sovrapposto a uno arcuato); e da una ricca sequenza di specchiature e di cartelle al di sotto delle mensa così come sull’alzata dei candelieri.
Il restauro ha messo in luce due diverse stesure della parte inferiore. Ciò spiega la presenza di due diverse firme. Della prima, più antica e incompleta a causa del taglio della tela imposto dall’apposizine della teca contenete la Madonna, non rimane che PETRI MALUMB. La seconda invece, posta nella parte in ombra del gradino centrale, è interamente visibile: P. MALUMBRE. questo lavoro veneziano è di rara finezza cromatica e di grandiosa ambientazione scenografico-architettonica, da avvicinare alle più note scene eseguite dall’artista per il palazzo Ducale di Venezia. Ai meriti coloristici e compositivi, il grande quadro di Rovato ne aggiunge uno storico-artistico di non poca rilevanza.
Altare e cappella del SS.mo Sacramento
Per l’ancona lignea del SS.mo, prima che questo fosse rifatto dopo la peste del 1630, ci si rivolse all’autore dell’altare del Rosario, ma la sua indisponibilità pose i deputati della scuola del SS.mo nella necessità di ripiegare su ciò che allora il mercato poteva offrire. Venne così chiamato nel 1611 a misurarsi con il Bulgarini, per l’altare del SS.mo di Rovato, Gio Batta Cimetto, che operò in collaborazione con Orazio Rizzardi e Lorenzo Chiodi, altri intagliatori dell’inizio del Seicento.
Il tema sviluppato utilizzando ebano in lastra e lamina d’argento è grandioso. La costruzione, rialzata su di una predella, è preceduta dalla mensa, con paliotto delimitato da una finissima cornice argentea, di raffinato gusto ed esecuzione, un insieme che, mirabile se visto in un’altra sede, qui invece occupa solo un ruolo marginale, sovrastato com’è da una architettura di possente sontuosità, tripartita simmetricamente, di cui è difficile ritrovare termini di confronto anche fuori dalla diocesi, per la quantità profusa di applicazioni argentee che sottolineano, delimitano e scandiscono l’architettura con: cesellature, bulinature, sbalzi, ricami fogliari aperti e complesse composizioni allegoriche a basso e altorilievo che si stagliano sulla nera superficie d’ebano.