Altri tempi. La guerra era finita da poco e il sindaco del nostro comune era l’avvocato Andrea Cazzani. Rovato, leggo in un vecchio documento inedito del 4 maggio 1946, aveva “la necessità di ottenere una piccola industria adatta ad assorbire la manodopera eccedente le normali occupazioni delle attività locali, risolvendo il problema della disoccupazione che è andato man mano aggravandosi così da preoccupare seriamente quest’Amministrazione, che ha dovuto sostenere ingenti spese per l’esecuzione di taluni lavori per sovvenire almeno i disoccupati bisognosi”. A scrivere – in un italiano d’altri tempi – è proprio il sindaco Cazzani che, in una lettera alla Prefettura e alla Camera di Commercio di Brescia “raccomanda vivamente che la domanda della Ditta Piantoni diretta ad ottenere la costruzione di un moderno molino in Rovato, sia benevolmente e urgentemente esaminata”. Ciò, racconta sempre Cazzani, “consentirebbe notevoli riduzioni sulle spese di produzione della farina”, riducendo i costi derivanti dal trasporto del grano presso i mulini di Orzinuovi, Chiari e Cologne. E, soprattutto, ridurrebbe il problema della disoccupazione “a cui si porrebbe in gran parte e per parecchi mesi rimedio con i lavori di costruzione del molino”. Rovato era alla fame e un semplice mulino avrebbe potuto cambiare molte cose. Anche l’accordo ufficiale sottoscritto fra il Comune e la “Ditta F.lli Piantoni fu Giuseppe da Chari” il 22 agosto 1946, dimostra che le parole di Cazzani non sono semplici forzature dirette a convincere una burocrazia rigida e macchinosa. Alla ditta Piantoni si chiede che i lavori di costruzione del mulino abbiano “inizio immediato”, si impone che “debba essere occupata manodopera locale onde lenire la presente disoccupazione”. In cambio il Comune offre una serie di sgravi economici: alla ditta esecutrice “l’esenzione delle imposte consumo sui materiali di costruzione che verranno attuate entro l’anno 1949”; alla Ditta Piantoni “l’esenzione dalla tasse comunali per l’esercizio del mulino e il rimborso delle sovrimposte sulla R.M. che venissero applicate nel periodo dei quattro anni dall’inizio dell’attività del mulino”. Il comune, si legge ancora al punto cinque della convenzione, si impegna anche a fornire l’acqua potabile al mulino. Ovviamente – altri tempi – “secondo la consueta forma precaria”. (a.t.)
Mia nonna ha gestito il mulino a Rovato per parecchi anni.