La dipartita degli austriaci inaugurò a Rovato un regime politico e amministrativo centrato sul raggiungimento di un’ampia autonomia. Il 12 febbraio 1860, la Giunta municipale rovatese si costituì in ufficio e relazionò al Consiglio del 7 marzo successivo il proprio programma. Nel 1861 si deliberò di licenziare “il pedone distrettuale” sostituito dall’Ufficio Postale. Nel 1862 fu istituita la “Giudicatura Mandamentale” (la Pretura) che trovò sede presso il Municipio. Nel 1868 nacque la “Società Operaia, Industriale ed Agricola” di Rovato, che aveva una matrice laica di stampo liberale e creò ben presto una scuola per lavoratori. La scuola si consolidò nel tempo e divenne la ” Scuola Professionale di Disegno Francesco Ricchino, tuttora esistente. Il 24 maggio del 1869 aprì il suo sportello in Municipio, su istanza del Comune, la Cassa di Risparmio di Milano. Fu un avvenimento di grande importanza nell’economia del nostro paese, che nel corso della propria storia vide un sempre più consistente incremento d’Istituti di Credito. Nel 1871, secondo i dati del censimento, gli abitanti di Rovato erano 7370. Dieci anni più tardi, 1881, raggiunsero i 7825 di cui 4582 residenti nel centro e i restanti nelle frazioni. L’Ospedale civile, sorto nel 1763 per oblazione dei cittadini, fu in seguito ceduto alla “Congregazione di Carità” a cui il Comune rimborsava parte delle spese per i degenti poveri. Nel 1889 fu istituito l’asilo infantile, sovvenzionato dal municipio, mentre dal 1836 esisteva a Rovato un orfanotrofio femminile fondato dal prevosto Angelini per le ragazze rimaste senza genitori a causa dell’epidemia di colera. La situazione scolastica fu oggetto di particolare attenzione da parte della rappresentanza municipale anche perché il paese aveva una lunga tradizione culturale da rispettare risalente al XV secolo, cioè alla fondazione del convento dell’Annunciata. Gli alunni delle classi rovatesi erano nel 1894 complessivamente 1141.La popolazione rovatese era prevalentemente costituita da: agricoltori, possessori di fondi e lavoratori sussidiari, nonché da un rilevante numero di commercianti, a cui va aggiunta la schiera dei piccoli commercianti che esercitavano la loro attività nelle bancarelle del mercato e dagli operai delle industrie artigianali. Ma le condizioni di vita delle classi lavoratrici erano proibitive e base principale dell’alimentazione quotidiana era la polenta di granoturco che non forniva un’alimentazione completa e provocava la pellagra. Contro queste situazioni di grave disagio le organizzazioni sindacali d’ispirazione socialista e cattolica diedero vita ai primi grandi scioperi. A Rovato nel 1897 incrociarono le braccia, chiedendo aumenti salariali, i conciatori di pelle dello stabilimento Merlini (37 su 39) e lo sciopero ebbe esito favorevole. Nel 1900, scioperarono gli operai della fabbrica Buffoli richiedendo una diminuzione delle ore di lavoro: 12 giorni di astensione anche questi con esito positivo. L’eco della Rivoluzione Industriale si faceva sentire anche a Rovato. Sempre nel 1900, da un nuovo censimento, gli abitanti risultarono 10.190. Nel 1912 Rovato ebbe un suo primo periodico quindicinale, “Il Monte Orfano” diretto e quasi totalmente scritto da Oreste Bonomelli. Il centro culturale e di lettura del paese era a quei tempi il caffè Lallio, posto nell’attuale Corso Bonomelli, vi si trovavano diversi giornali quotidiani e riviste a disposizione dei clienti ed naturale occasione di scambi di vedute ed elaborazione intellettuale. Nel 1913 fu terminata la costruzione dell’acquedotto comunale posto nell’attuale Piazza Montebello, che si distingue anche per i pregevoli ornamenti in stile liberty. Sempre nel 1913 si tenne la prima Grande Esposizione Agricola Industriale, su ispirazione della manifestazione bresciana del 1904. La scarsa presenza d’attività industriali e manifatturiere portò, tuttavia, centinaia di rovatesi ad emigrare. Il flusso principale era orientato verso l’Australia, dove i nostri concittadini furono impiegati nei lavori agricoli pesanti (il taglio della canna da zucchero), l’Argentina, il Belgio e la Francia dove si trovava lavoro nelle miniere di carbone.